Che non fosse un’impresa semplice lo si intuiva sin dal giorno della sua definitiva approvazione da parte del Parlamento Europeo nel 2016. Poi c’è stato il 25 maggio 2018 e siamo arrivati a oggi. Il Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali è in vigore da più di un anno e mezzo, ma quali sono i risultati?
Composto da 99 articoli, 11 capi e 173 considerando, a cui possiamo aggiungere che alcune norme si prestano a interpretazioni, il timore delle sanzioni e la necessità di adeguare le singole legislazioni alla normativa europea alimentano i dubbi, ne risulta che i punti oscuri non mancano e l’applicazione ne risente.
Se alcune aziende, infatti, si sono rese conformi al nuovo regolamento in tempi brevi, molte altre ci stanno ancora lavorando, ma la buona notizia è che l’allerta sul tema data security resta massima. Il primo effetto ottenuto è chiaro: il trattamento dei dati personali non si limita alla sola privacy e il lavoro da fare è tanto.
Il commento di Giuliano Tonolli, direttore commerciale e amministratore di Personal Data:
“A distanza di un anno dall’entrata in vigore del Regolamento, molte aziende stanno ancora revisionando le proprie policy di conformità e implementando i relativi processi. La posta in gioco è importante ed è arrivato il momento di riprendere il controllo sui dati, e ritrovare la visibilità anche sui dati non strutturati.Noi ci affidiamo a una metodologia, targata Varonis, in grado di dare visibilità completa su tutti i dati, fondamentali, utili, inutili o non necessari, aiutando i nostri clienti a utilizzare al meglio l’enorme volume di informazioni che hanno a disposizione, migliorando la produttività e riducendo rischi e costi.”